Serghiey, protagonista di questo libro, è un ragazzo russo adottato da una famiglia italiana che, ormai maggiorenne, col pretesto di reimparare la sua lingua natale, si reca a Mosca alla ricerca delle sue origini e dei suoi genitori biologici. E’ per lui un momento di crisi e confusione (“annaspavo in un groviglio di cose, di pensieri, e volevo uscirne”), e il viaggio gli appare “come una soluzione e una sfida insieme. Una vera grande sfida. Davanti a me c’era l’ignoto da scoprire e il noto da ritrovare”. Andrea, amico di infanzia, anche lui russo adottato, tenta di dissuaderlo: “Non c’è più niente di noi, là. Quel mondo non c’è più. E non ci appartiene più”. Ma Serghiey decide comunque di partire, da solo, a fargli compagnia soltanto un libro regalatogli dal suo maestro di karate, “scritto molto tempo fa, da un illuminato samurai”.
Così comincia la sua avventura. Che cosa troverà, Serghiey? Certamente un amico fraterno, Vladi, conosciuto all’università, dove studia russo; e un nuovo amore, la dolce Anja, dagli “occhi color zaffiro”. Il suo vecchio orfanotrofio, con le sue maestre d’infanzia, che ancora si ricordano di lui, del piccolo “Seriogia”. E un paese dai molti volti, e dalle molte contraddizioni: la Russia delle sue origini.
In ultimo la madre e la famiglia biologica rimangono domande aperte (ma qual è poi la sua vera famiglia?), e tuttavia il viaggio non è andato a vuoto: non ha trovato tutte le risposte, certo, ma forse ha “trovato molto di più”, ha trovato la parte di sé che credeva persa. Ora può mettere insieme e riconciliare i suoi due mondi. La sua infanzia ha ritrovato i suoi luoghi e i suoi ricordi. “E io”, può concludere Serghiey, “non sono più un fantasma”.