Potrebbe essere considerata un paradosso, come leggiamo nella prefazione a questa raccolta di scritti di Enzo Mazzi, la scelta di privilegiare articoli riguardanti figure di intellettuali, sacerdoti, uomini e donne, singoli individui; un paradosso perché fa parte della sua esperienza di vita e del suo pensiero non esaltare l’apporto delle individualità al cammino della storia, ma piuttosto porre l’attenzione sul contributo dei contesti collettivi e comunitari. Un paradosso però solo apparente: per Mazzi ogni frammento di memoria ha il suo valore, che appartenga ad un personaggio famoso o meno noto, e le figure cui attribuisce una “dimensione profetica”, la “capacità di vedere oltre l’orizzonte dato e di camminare su percorsi inesplorati”, non sono mosse da protagonismo o spirito di avventura ma piuttosto spinte dalla disperazione.
Molteplici sono le tematiche che ricorrono in questa raccolta di articoli, dove l’apporto di figure e movimenti a cammini di liberazione collettivi, sempre incerti e in divenire, è spesso il punto di partenza per riflessioni più ampie. Il primo filo conduttore è, come già citato, la memoria: memoria che resta l’ultimo fronte di resistenza al mercato liberista imperante, il quale tenta di annullarla e disarticolarla in ogni modo nella sua strategia di dominio al fine di “ripartire da zero per un duemila senz’altro ideale e identità che la religione del denaro”.
Secondo filo conduttore, strettamente legato al primo, è la critica alla “globalizzazione”, parola ambigua, che può portare esiti devastanti quando conduce all’annullamento di ogni legame e relazione che non sia relazione di dominio, ma che è anche terreno gravido di speranza se affrontata con la cultura dei diritti universali e inalienabili.
Andando più in profondità, e siamo al terzo filo conduttore, Mazzi si interroga sulle origini del dominio e della violenza, che rintraccia nella dimensione del sacro reificato, “sequestrato dal potere, separato dalla vita, collocato in spazi e luoghi e gesti e riti determinati, gestito da persone sacralizzate.” “La religione – scrive ancora Mazzi – in una società dal neolitico ad oggi ha il compito di portare il sigillo della sacralità alla violenza della società”.
Da qui il contributo delle persone “credenti”, fondamentale perché esse sono inserite “nell’apparato simbolico e religioso”. Fintanto che, infatti, lavoreremo solo sull’orizzonte del visibile e del misurabile la “violenza cacciata dalla porta della politica rientra dalla ferita aperta del sacro e del profondo”.
Infine, oltre il dominio del sacro reificato cade anche l’opposizione tra vita e morte. Perché “la vita è sacra… Ma è sacra in quanto parte della sacralità di un tutto in divenire che comprende finitezza e morte”. Non a caso due articoli sono dedicati ad Eluana e Beppino Englaro e a Piergiorgio Welby.
Penso che enucleare questi temi centrali dagli articoli di Enzo Mazzi restituisca meglio la profondità e l’acutezza del suo pensiero piuttosto che soffermarsi sui singoli personaggi e movimenti cui sono dedicati.
In ogni caso una raccolta preziosa per una lettura mai banale della contemporaneità.